LA POESIA DIALETTALE DI GIUSI BONACINA

La scrittrice Giusi Bonacina e le sue poesie in dialetto bergamasco sono state ospiti della serata conviviale del 7 novembre, a testimoniare come la letteratura vernacolare goda tuttora di grande vitalità, nonostante l’omologazione culturale che negli ultimi decenni ha di fatto relegato l’uso del dialetto a comunità sempre più ristrette. E’ in corso anche un appiattimento delle differenze tra i diversi paesi e le diverse zone della bergamasca. Il dialetto è diventato un “prodotto” di nicchia che, quando ancora utilizzato nella vita corrente, ha subito profonde trasformazioni perdendo la purezza in favore di terminologie “italianizzate”.

Giusi Bonacina è una studiosa delle tradizioni bergamasche più autentiche e nel suo libro “Gogì” (traduzione dialettale di “Spilli”) ha racchiuso in tante poesie i pensieri, i sogni e i sentimenti della sua vita.

Durante la serata ha recitato alcuni suoi componimenti con una delicatezza che ha fatto scoprire un lato abbastanza sconosciuto del dialetto bergamasco, dai più relegato alla comunicazione rude dei manovali, ma che invece può essere il mezzo per esprimere i sentimenti più profondi e più delicati.

Nel corso della serata si è spaziato su molti temi cari alla tradizione bergamasca: dal dialetto al Giopì, dai giochi di strada fino alla storia dei Mille quando Francesco Nullo per incitare i volontari bergamaschi all’attacco urla “Aante i mè giopì”. Una serie di ricordi che sono affiorati dalle testimonianze dei presenti, sono così riaffiorati alla memoria usanze, oramai in disuso: il gioco della “lippa”, gli archetti e il vischio per la caccia di frodo, lo “sciopetì” fatto con sambuco, la cerbottana, il “tiràsass” ….

La lettura della poesia “Gogì”, dedicata al cagnolino della scrittrice, ha emozionato per la delicatezza e è stata una bella conclusione della serata.